Capitolo 2: Milford Sound (22 e 23 Marzo)
La mattina del 22, la partenza è per le 6:50, ha tutto il necessario per invitare ad una immersione subacquea. Freddo cane, umido, nuvolo, buio, sonno, borse da 20 chili. Il furgoncino che ci deve prelevare ha un ritardo di tipico stampo mediterraneo: 23 secondi.
La conversazione, sul furgone gremito da sei persone più autista, langue, a parte un insistente ronzio da dietro le mie spalle. Forse una mosca, più probabilmente qualcuno che russa. Due tappe tecniche, per scaricare l’autista che diventa skipper e per parcheggiare il furgone, poi subito in barca. Comincia ad intuirsi il sole dietro la coltre di nubi, ed uno spicchio di cielo vira dal grigio al grigioblu.
Non facciamo a tempo ad uscire dal porticciolo che il cielo diventa terso e senza una singola nube. Il sole, nascosto dietro picchi montuosi alti oltre mille metri e a tiro di sputo lungo da noi non è ancora abbastanza alto per arrivare al mare, ma comincia ad illuminiare i picchi più alti. Seguire il procedere del terminatore, che si avvicina a vista d’occhio al livello del mare, è emozionante.
La geologia dell’area ci svela uno dei tanti errori di denominazione fatti dal capitano Cook in quest’area. Il Milford Sound, infatti, è in realtà un fiordo. La differenza, che ai più a volte sfugge e che in italiano non è neppure colta, è che un fiordo è una giovane valle inondata di origine glaciale, molto scoscesa e con pareti a picco, diversamente dalle valli glaciali di natura terrestre, mentre un Sound, parola dai molti significati in inglese, è un’antica valle fluviale piuttosto larga e dai pendii dolci.
Un profano può dire: “Interessante ma che ce ne cale?”. La differenza, per un subacqueo, è che in un fiordo il fondo più vicino sta a circa 250 metri di profondità, diveta quindi importante controllare l’assetto.
L’eccezionale piovosità del Fiordland genera anche un fenomeno unico a livello idrologico. L’enorme colonna di pioggia dilava i tannini presenti nella corteccia della fitta foresta soprastante, e si scarica in mare ad un ritmo tale da da formare uno strato superficiale di acqua dolce, molto più fredda dello strato sottostante e con un colore simile a quello del mio The preferito: il Twinings “Prince of Wales” con bustina dimentica un’oretta nell’acqua calda.
Come conseguenza la luce, in profondità, assume una forte dominante verde, e le differeti concentrazioni di ossigeno e la differente presenza di luce porta verso la superficie organismi tipici di profondità più elevate, come il corallo nero, gli anemoni ed alcuni nudibranchi privi di pigmentazione.
Le guide tendono a terrorizzarci parlandoci di temperature dell’acqua tra il polare ed il subartico, in realtà l’acqua, col tipo di attrezzatura a nostra disposizione, risulta abbastanza gradevole, con una temperatura intorno ai 15°C.
Nello stato di veglia del viaggio di andata non ci eravamo accorti di un dettaglio. La strada porta rapidamente ad un passo intorno ai 1200 m di quota, dove c’è un bel tunnel a senso unico alternato. Dopo due immersioni, passare in 20 minuti scarsi dal livello del mare a 1200 m potrebbe risultare poco saggio (per maggiori dettagli vedere la voce MDD su qualsiasi manuale di subcquea). Le nostre guide ipongono quidi un periodo di desaturaziione di quattro ore prima di inerpicarci sulla salita.
In queste quattro ore veniamo accompagnati verso le meraviglie del posto, alcune in comune con l’ammasso di turisti da crociera, altre esclusive per noi fig.. privilegiati. Memorabile una visita ad una sorta di cascata con laghetto, con la base nascosta nella foresta. L’ingresso del tunnel verde che conduce a questo piccolo paradiso nascosto ci accoglie con una orchidea, che fiorisce solo a Pasqua, dall’intenso profumo di vaniglia. La cascata, ed il vicino laghetto, sono uno spettacolo mozzafiato. Lo stesso effetto lo dà fare la doccia sotto la cascata. Specialmente se tale cascata decide improvvisamente di decuplicare la propria portata. L’effetto “Orso con idrante” è apprezzabile in fotografia. Un tuffo rinfrancante nel laghetto dalle acque color The segna il passaggio alla nuova attrazione, condivisa con i croceristi, ma apprezzata a distanza più ravvicinata: una visitina alle simpatiche foche che abitano nelle vicinanze.
Per trascorrere il tempo rimanente alla desaturazione visitiamo la metropoli tentacolare di Milford, composta da: camping “Milford Lodge”, ristorante “Blue Duck”, stazione di servizio (Chiusa), campo di volo e molo. Campo di volo?. Si, ogni città neozelandese con più di 15 abitanti esclusi i possum possiede un campo di volo. Nei casi più gravi si contano i gatti. Per la cronaca, l’aereoporto di Milford è secondo, per numero di voli, solo a quello di Auckland, a causa dei numerosissimi piper portaturisti che partono di continuo.
La salita condivide le tappe con le visite fatte da noi in modo indipendente ed un pochino più approfondito il giorno dopo.
The Chasm: quest’orrido ha una conformazione stranissima simile ad una scultura moderna, ma fatta direttamente dall’azione dell’acqua e del ghiaccio. Nell’area sono presenti numerosi volatili, tra cui il Kea, pappagallo delle montagne dal carattere curioso e vagamente rompiballe, che si è guardato bene dal capitare a tiro della mia macchina fotografica, ed il raro piccione neozelandese, bellissimo nella sua livrea verde, che si è fatto fotografare e riprendere in lungo ed in largo.
Mirror Lakes: un’area paludosa che avrebbe come unica attrattiva il fatto, in assenza di vento, di riflettere in modo speculare il paeseggio circostante. In questi laghetti abbiamo però incontrato il “New Zealand Scaup”, prontamente ribattezzato “Stupido Papero”. Lo stupido papero è un simpaticissimo volatile in grado di immergersi con un tuffo buffissimo e nuotare in profondità usado le alucce e le zampette palmate in modo esilarante. Se aggiungiamo la forma paffuta e l’aspetto da papero di peluche abbiamo uno dei più graziosi uccelli del pianeta.
Postilla pasquale: la notte della vigilia di Pasqua andiamo a messa nella locale chiesa cattolica. Il prete, preso atto delle numerose facce nuove presenti, ha invitato a presentarsi al proprio vicino, ottenendo una atmosfera molto cordiale. Messa record: meno di un’ora. Cena con agnello al Redcliff, che abbiamo poi scoperto aver vinto per quattro anni consecutivi il premio per la preparazione dell’agnello.
Postilla culinaria: la Domenica la cena a base di agnello è al “Fat Duck”, Papero Grasso. Scopriamo il motivo del nome dopo aver visto le porzioni. Al confronto l’elefante alle olive di Obelixiana Memoria è un piatto dietetico. Comunque, a parte il consueto ed eccellente stinco di agnello, scopriamo le salsiccette di agnello alla menta, che scalano rapidamente la classifica delle salsiccette preferite, ponendosi vicino a quelle al finocchio. La presenza di puré, con la sua capacità di espandersi, produce qualche problema notturno. Nulla d grave, a parte la necessità di ricostruire la porta.
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